Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia[1]

Carissimi ragazzi e docenti, Padri Cavanis, don Raffaele,
abbiamo appena ascoltato un Vangelo ‘inquietante’[2]. Se abbiamo infatti prestato attenzione alla lettura che ha fatto il diacono, si tratta di un Vangelo che ci preoccupa; anche papa Francesco torna spesso e volentieri l’idea del diavolo tentatore, pur parlando frequentemente e volentieri della misericordia di Dio.
Oggi noi iniziamo un nuovo anno scolastico nel quale, attraverso il bene dell’educazione e della cultura, cerchiamo di crescere in una comunità fatta di docenti e discenti, di persone che insegnano – pur continuando ad imparare – e si rivolgono a chi, per età e per inesperienza, può aver bisogno di un aiuto e di essere preso per mano.
Il Vangelo di oggi ci ha detto però una cosa importante: la cultura e l’educazione, da sole, non bastano. L’uomo è un essere segnato dal male. Per questo ho iniziato questa piccola riflessione parlando di un Vangelo ‘inquietante” e, se non ci avete fatto troppa attenzione, rileggetelo: mi darete ragione.
L’uomo non è fatto solo di ragione, di intelligenza, di volontà, di affettività, di sentimenti, di corpo; l’uomo è fatto anche di conversione. Il Vangelo di oggi ci parla proprio di conversione.
Un dramma della modernità è aver pensato che l’uomo potesse essere portato a compimento dimenticando che è un essere fragile, debole e segnato dal peccato.
E allora abbiamo bisogno di Gesù Cristo perché Lui è l’unico che ci può salvare, è l’unico che può ricomporre quell’equilibrio che la storia, la geografia, la letteratura, le lingue straniere e la matematica non possono fare.
È importante e bello poter incontrare nella propria vita persone che hanno delle competenze: un medico, un avvocato, un ingegnere capaci… Ma capaci di fare cosa? Certo di fare l’avvocato, il medico, l’ingegnere’ ma anche di essere veri uomini. Uomini che sanno andare oltre le loro dovute competenze. Uomini equilibrati e saggi che cercano di compiere il loro dovere, ma che sanno anche che la conversione non è legata solamente all’educazione, all’istruzione e all’informazione.
Certo, è importante l’educazione! Soprattutto in una scuola che vuole essere paritaria e, quindi, riconosciuta giuridicamente ed anche economicamente dallo Stato, una scuola che si identifica come cristiana.
Il desiderio di comunicare appartiene da sempre al cristiano, che cerca di comunicare con gli altri nel bene e nel vero. Il vangelo secondo Marco (Mc 6,34) dice che Gesù si commosse vedendo le folle perché «erano come pecore senza pastore» e «si mise a insegnare loro molte cose». Per un cristiano e in una scuola cattolica i verbi ‘insegnare’ e ‘educare’ vogliono dire tante cose ma anche partecipare di quello sguardo misericordioso del Signore, commosso per le folle che hanno bisogno di una guida.
In definitiva, l’educazione mira a creare delle persone libere, che conoscono la realtà. L’educazione, infatti, può contenere un’infinità di mansioni ma deve puntare soprattutto a creare delle persone che si aprono sulla realtà della vita.
La scuola – che si identifica come cattolica e non chiede sconti allo Stato – è una ricchezza, perché offre un progetto educativo completo e con delle caratteristiche specifiche. La scuola, la vostra scuola, è qualcosa che collabora al bene comune. La libertà dei genitori, la libertà delle associazioni e la libertà della Chiesa si realizzano e offrono il loro contributo al bene comune attraverso il principio della sussidiarietà: questa è la scuola cattolica.
E tale principio di sussidiarietà esclude ogni forma di monopolio scolastico, che contraddice il diritto della persona di considerare la cultura in modo libero. I monopoli sono delle strade pericolose che non fanno bene a nessuno.
La scuola cattolica, la nostra scuola, non chiede sconti e non chiede dei privilegi. Anzi, sa di dare un contributo reale al bene comune attraverso, appunto, il principio di sussidiarietà. Allo Stato – considerando i finanziamenti e le sovvenzioni che, magari, non arrivano o arrivano tardi e in modo decurtato – uno studente della scuola statale costa in media 14, mentre uno studente della scuola paritaria costa 1. Questo è il rapporto: uno a quattordici.
Dobbiamo essere coscienti del fatto che si contribuisce al bene comune senza chiedere nulla, e bisogna assumere un linguaggio consono. Alle volte, anche dai nostri allievi cattolici, si sente parlare della loro scuola come della “scuola dei ricchi”: non è così! Lo studente della scuola paritaria, alla fine di tutti i conti, costa quattordici volte di meno di uno studente della scuola statale: diventiamo, almeno, consapevoli dei nostri doveri e dei nostri diritti!
La società non può appiattirsi su una forma monopolistica. Il contributo delle varie associazioni e delle varie identità culturali, anche quella cattolica, arricchisce la nostra società con la proposta di un insegnamento rigoroso e originale, pur ossequiente ai piani ministeriali. Si arricchisce così la nostra società e anche in questo arricchimento culturale, nella pluriformità, si opera per il bene comune. Occorre riscoprire la consapevolezza che non siamo a chiedere dei privilegi di parte ma stiamo contribuendo al bene comune in quello che è uno degli ambiti più importanti del vivere sociale: l’educazione. Che è poi il futuro di questa società.
Ho voluto esprimere questo concetto anche a voi, ragazzi, perché non siete dei privilegiati, non siete la ‘scuola dei ricchi’: costituite un modo di intendere la società in rapporto allo Stato. E la mancanza di consapevolezza ci rende timorosi, privi di risposte, ma poiché la consapevolezza inizia nell’età dell’adolescenza, dovete cominciare a tutelarvi ora. Certi argomenti devono entrare nella vostra vita quando cominciate a crescere e a diventare adulti.
Ricordo inoltre che il 10 maggio 2014, alla presenza del Papa, ci sarà una grande manifestazione a Roma in cui la Chiesa italiana ribadirà il suo impegno per l’educazione, per la scuola e per il futuro delle nostre popolazioni. Su questo argomento ho anche chiesto un intervento particolare della Conferenza Episcopale del Triveneto.
Portate con voi la consapevolezza di quello che siete: sarete persone libere. Don Milani diceva che la libertà inizia dal conoscere un numero sufficiente di vocaboli e saperne il significato, per usarli al momento opportuno e nel modo giusto. Buon anno scolastico a tutti!

[1] Questo testo riporta la trascrizione dell’omelia pronunciata, in tale occasione, dal Patriarca e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del ‘parlato’ che lo ha contraddistinto.
[2] Lc 11,15-26.